IL METODO E' UN ONESTO MANUALE DI CACCIA AI TURDIDI.
CONTIENE TECNICHE, RACCONTI E VEZZI POETICI
VERRA' PUBBLICATO A PUNTATE SU QUESTA CELLULA DEL FORUM.
RINGRAZIO "LAURENTIUS" FISTIONE PER L'APPOGGIO E L'INCORAGGIAMENTO.
IL METODO
pensieri, lirica e tecnicismi dell'uccellante
La caccia è inganno, fine concupiscenza di un amore effimero che sottrae energia e dona entusiasmo sino allo sfinimento.
La caccia risulta inganno, laddove siamo noi stessi la prima credula preda, sedotti dalla sua stessa seduzione ..
.. liturgia mistica e quanto mai reale.
Avete mai notato che molti approcci a "Lei" legati iniziano proprio in una cucina?
Nei suoi odori e nei suoi comuni oggetti si celano i reconditi protagonisti di una immutata ritualità che preserva e racchiude ricordi lontani e gestualità reiterate che assemblati par abbiano la forza estrema di arrestare il trascorrere del tempo.
Così, allora, in una sonnolenta procedura mattutina il rassicurante bricco sul fornello leva il sipario, mentre gli occhi combattono con il peso abnorme delle palpebre ed i nostri sensi arrancano come bradipi alla ricerca dell'innesco d'avvio.
In questo stato d'ebetismo lo fissiamo, sperando che si sbrighi ... sinché. finalmente non erutta un soffio ...e poi uno sbuffo. Vapore in bianche e paffute nuvolette che salgono intermittenti e nel loro levitare incontrano l'azzurrina voluta a spire della prima cicca.
(se anche usate la macchina del tipo a cialde e siete acerrimi nemici del fumo, lasciate perdere e fatevi trasportare).
Così fumo e vapore si fondono con il dolce sapore della bevanda, ... pastoso ed acre.
Acre come l'odore vecchio del fodero macchiato d'olio per meccanismi e pronto dalla sera precedente,
Pastoso come la galletta dolce che vi si tocca, mentre con il naso scostiamo la tendina ed interroghiamo il vetro freddo e nero.
<< Speriamo che il vento non sia girato ... >>
La nostra genesi discende da un comun denominatore che possediamo pressoché simile l'un l'altro, il padre, il nonno... pronti in cucina a tintinnare tazzine, ad armeggiare con la colazione e noi imberbi sonnacchiosi ma con un cuore che batte a mille.
Risentiamo ancora oggi come allora quelle voci basse e confortanti a cui ci affidavamo, ritornano in memoria purtroppo anche se già lontane.
Le portiamo fuori con noi ... dentro per sempre.
E rieccoci così adolescenti, desiderosi di farsi passare lo schioppo per una fucilata a margine, magari ad uno posato bene sulla ramiera.
Assurdamente impazienti di diventare grandi, meravigliosamente educati verso le cose semplici, che ora pare non contino più.
In una cucina iniziamo ogniqualvolta quel che consideriamo un'eccitante avventura ed in essa alla sera la terminiamo.
Stanchi come muli ed affamati come lupi, mentre una pellicola ancora scorre in folle nella mente, con le nostra gesta girate al seppia.
Domani è aperta, ci si torna.
PREFAZIONE
Accolgo l'ipotetico lettore precisando innanzitutto che questo libercolo non ambisce ad essere un manuale dai toni discreti, ruffiano e compiacente a chiunque, ma nell'ambito limitato dello stesso bacino venatorio, un segmento di nicchia rivolto a cacciatori assolutamente giulebbi verso la remota ed intima attività della caccia ai turdidi. Ogni suo rigo sarà sempre influenzato dall' omertà di schieramento.
Queste pagine saranno un mezzo in cui verificare sofisticati teoremi di analisi (giostrando finemente di fioretto) e in cui coagulare altresì crudi momenti di sintesi, (calcando qualora di sciabola), ma anche sirene vezzosamente concessive a sospiri di lirismo esalati dalla pensosità sottile, la stessa in cui ci ammantiamo durante le lunghe attese immersi nella natura dei boschi ... ad aspettare gli uccelli.
Ogni praticante, da quando consegue la licenza, ha di fronte un viatico in cui gli si prospetta teoricamente ogni condizione per far bene, per fare grandi cose. Egli possiede nel suo essere certamente capacità e virtù e nel contempo vizi, vezzi e difetti, ma tutti assieme, soprattutto in giovane età, non sono espletati compiutamente poiché qualche traccia resta dormiente. L'agente di risveglio, sia esso icona umana da emulare o un filo conduttore sorto spontaneo, svezzerà le qualità primigenie ed eliminerà i fronzoli, acuendo il dovere di auto-correzione, elemento che, perseverandolo, alla lunga affinerà più di ogni altro la caratura del cacciatore.
Questa nostra è una passione che va davvero sentita, coltivata a fondo sin dal primo colpo di vanga, farà incespicare subito colui che confonde la Vera Caccia col pensiero astratto ed inavvicinabile, da quanto menzognero, di sport e/o passatempo; c'è una differenza abissale tra chi si concede un mattino domenicale (se il tempo è bello) e chi profluvia caterve di risorse, di tempo, di denaro, d'energia, non solo fisica ma anche spirituale, ogni quando può, il più possibile perché stregato e senza che ciò sia mai stigma di sacrificio.
Ma estrema gioia.
Esiste dunque la vocazione, che non si ottiene leggendo un manuale come questo o possedendo attrezzature d'ultimo grido, essa mette radici lentamente e solo in quei terreni fertili che non tutti posseggono; questo non sarà certo poi né una ragione di sfoggio per l'illuminato, né una colpa da imputare all'outsider che si divertirà a modo suo comunque, sarà invero una constatazione da accettare entrambi.
Scopriremo la vocazione quando si aprirà innanzi a noi un dialogo muto con gli avvenimenti silenziosi della natura, quando conoscendone di essi ogni aspetto, potremo deviarne il più possibile a nostro vantaggio, padroneggiando l'intero processo che ci circonda.
Solo allora saremo certi di andare a caccia per davvero.
Nota dell'autore
Quando decisi di estrapolare un efficace contenuto dalla giacente montagna cartacea in mio possesso, eretta su un continuo afflusso di dati , appunti, riflessioni, grafici e tabelle e regolato anche (ahimè) ... da una esperienza pratica trentennale, volli in qualche modo ribellarmi a quei più o meno accesi focolai che avversano ed atrofizzano il migratorista, non solo creandogli continui e subdoli sgambetti legislativi, ma facendolo pure passare come la porzione più stillicida dell'ipercriticata comunità venatoria, poiché misurato con i pochi grammi delle sue prede. Il fiero orgoglio di C-acciatore scaccia poi ogni allusione su qualsiasi complesso di persecuzione in atto, ma non è un'utopia balzana individuare, già proprio all'interno del nostra piccola società, una tendenza da parte di colleghi a relegare il tordaiolo come figlio di un dio minore, colui che, granguignolesco, è stato incapace di uscir dal vetusto capanno e di accasarsi in più nobili caste, di penna o di ungulo. Anche la bibliografia del settore, che rilascia generosamente sia ottimi romanzi donchisciotteschi sapientemente patinati non solo esteriormente, sia stesure a getto su cinofilia e sua applicazione, appare in netta latitanza sui nostri tecnicismi, forse vittima dell'ingiallirsi dei grandi classici pionieri che seppero esporre la nostra Arte con maestria, utilizzando spesso il cesello del dettaglio.
Bisogna ammettere che "IL METODO" langue un po' di nostalgia e pecca in discepolismo per le prose dei Santini che ci lasciavano fantasticare su una caccia estremamente libera e spregiudicata, nonché su personaggi straordinari quali il Cavina, Il Trapletti, tal Ghidini ... ma si conviene che troppo tempo è trascorso, ed a questi echi è sopraggiunta nel frattempo una glaciazione ambientalista, che ha raggelato due generazioni, decurtando e modificando il triangolo Tempo / Spazio / Carniere.
Le procedure e taluni sofisticati accorgimenti fruibili da queste "bibbie" con cui molti hanno iniziato, sono oramai parzialmente lenite e fuori registro, bisogna controbilanciarle con una rielaborazione, intensificando l'analisi sulle specie concesse rimaste e cogliendo ogni stratagemma per instradare sufficientemente il neofita (lasciandogli pure una sorta d'eredità) e nel contempo far sorridere l'incanutito veterano che tra i righi si rivede ... infine e magari aggiungendo qualcosa a chi la caccia la fa' ed è nel vivo della licenza, con decenni di onorate levatacce alle spalle ed ancora molte innanzi;
Per questi che non hanno più molto da apprendere ... spero quel poco sia qui annidato. E vi si possano specchiare.
LA GLACIAZIONE
Agli albori degli anni ottanta, l'introduzione di una nuova maestà di legge, sconvolgente e drammatica per i nostri colori, regolamentò l'attività con uno stretto giro di vite; l'entità fu tale da mettere letteralmente il cappio al collo alla caccia rivolta alla piccola selvaggina migratoria, che finì per pagare l'intero dazio della reprimenda.
Furono esclusi dai calendari tutti i fringillidi, ogni sorta di becco fine, tra gli alaudidi rimase solo l'allodola, il passero in deroga, lo storno idem, di lì a poco tutto un carrozzone di tradizioni andò perduto.
Sempre sulla scia di vittoria, la felice ed incontrastata politica del sole sorridente, basata su strilli all'orrore e pretese, successivamente riuscì anche a distorcere, insinuandosi nei nuclei regionali, la durata del calendario, evaporando prima Marzo e poi Febbraio ... tutta la contro migrazione !
Spuntarono come funghi nuovi cavilli sull'esercizio degli "ospiti", cioè le prime domande d'ammissione per i non residenti, nonostante il tesserino nazionale conservasse ben chiara la dicitura: - VALIDO SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE -.
Da questo contraddittorio trovò ragione la ghettizzante origine degli odierni A.T.C., praticamente cacciatori che scacciano altri cacciatori, Caino contro Abele, insolenza che si nasconde ipocritamente dietro il dito di una miglior gestione del proprio territorio, ma che perpetra l'interesse per nuove tasse e la conseguente segregazione. Dulcis in fundo, ruscellando di qualche anno un' altro duro colpo !
L'obbligo di optare per una sola forma ben precisa di caccia, che di fatto colpì solo l'uccellante, in quanto che escluso dalla forma vagante nel momento in cui possiede ed esercita in un capanno tradizionale stabile.
Ora .... beh, non si evoca una legge che lisci unidirezionalmente il pelo al proprio vizio, ma resta diabolico inchiodare un regolare esercitante alla gogna di vergognosi "GUANTANAMO" quali sono gli appostamenti fissi.
In cambio di una pseudo tutela dell'isolotto riservatogli, che si riduce ad una parentesi di quarantacinque - sessanta giorni ( non c'è storia, .... il passo e l'efficacia dei richiami durano come la scadenza di uno yogurt ),
egli non potrà mai uscire dai perimetri mappati ed è per giunta sovraesposto a plurimi controlli, in quanto schedato come specialista diventerà facile bersaglio non solo dei giusti controlli di guardie governative, ma anche di zelanti tutori volontari ( integralisti?) la cui missione (tramite sotto-cavilli di dubbia interpretazione) par essere solo quella di far le pulci all'assassino di uccellini. Non potendolo fermare nei suoi intenti, si tende così a far di tutto per infastidirlo.
E' vero che c'è chi purtroppo se ne frega e passa col rosso, ma la moltitudine è nel giusto, vuole continuare ad esercitare..
Agli uccelli si va al capanno, al valico tirando al volo, allo scaccio, all'aucupio, sono tutti strumenti tangibili e convergenti di un unico corpo e scopo venatorio, come possono essere inconciliabili ed opzionabili tra loro?
Sono essi stessi, messi assieme, una forma sintetizzata di caccia.
E' solo piagnisteo o trama la fallacia?
Esiste un ventaglio di misure tampone con cui uscire dagli apologhi contrari che ci vengono cuciti addosso a torto e peccato?
Tornando a noi ed all'origine del discorso, tutte queste traversie crearono un bel caos, dovemmo somatizzare complesse procedure, conservare carte, schede e tesserini, censire ed inanellare i richiami e che fare poi di quegli esemplari non più esponibili perché divenuti protetti?
Era probabilmente già reato possederli, ma come si può liberare degli allevati a mano, come farlo con bestiole appastate oramai alla gabbia?
I più anziani ed i meno appassionati (ed organizzati) ebbero le maggiori difficoltà a recepire i lacci e lacciuoli disseminati, non solo per la follia repentina e la dietrologia con cui essi furono tesi, ma proprio poiché depennando i tradizionali uccelletti si decapitò la caccia al valico e dunque uno dei maggiori scopi venatori.
Lo scoraggiamento confluì in stillicidio di licenze e molti gettarono la spugna.
E' bene ricordare che la nostra è sempre stata una galassia a se, un piccolo mondo antico che giace in
un' appartata introspettiva, caratterizzato da tradizione, ilarità , buonismo e forme celebrative, fu davvero facile metterlo alla berlina, basti pensare al traversare dei referendum abrogativi, veementi e minacciosi, ... s'abbatterono come un Katrina sul nostro indifeso guscio, ed esso vacillò ... scricchiolò, oh! e quanto!
Ma come una fenice sopravvisse e c'è fierezza in questa asserzione.
Il descritto fu senza dubbio il momento di massimo livore nei nostri confronti, dopo la glaciazione ripensando allo scoramento d'allora, esser qui regolarmente a preparare l'apertura, a disquisire su nuovi assetti balistici è un segnale tanto positivo quanto inimmaginabile, forse il futuro che ci attende sarà più stabile, noi cacciatori siamo decisamente più evoluti, ma per salvaguardarci abbiamo comunque l'obbligo di comportarci bene, di dimostrare continuamente che lucifero è colui che brucia i boschi, che rovina i sentieri con motociclette a ruote dentate, colui che lascia rifiuti educatamente nascosti sotto i cespugli. Lucifero non è l'uomo con lo schioppo a tracolla.
Il nostro prisma potrà rasserenarsi quando gli indici contro s'abbasseranno e finalmente ci sarà riconosciuta l'identità etica che ci spetta.
Dopo trent'anni la rabbia pian piano si è mitigata, ci sono problemi nel paese ben più gravi, nel frattempo è sempre bene non abbassare troppo la guardia, perché ritorneranno alla carica e non dobbiamo concederci all'uguale quanto effimera allegria del pompeiano il giorno prima dell'eruzione.
Consideriamo l'assestamento odierno a mo' di arcobaleno ed espletiamo pure anche un pizzico d'autocritica, che consta nell'ammettere di quanto a quei tempi il numero dei cacciatori fosse lievitato sino a creare un'enorme armata, per giunta parzialmente diseducata; sotto il nutrito numero di adepti covava silente la nostra stessa fine, proprio perché forti si pretendeva una teoria del diritto, laddove sinceramente, c'erano i presupposti di una pratica eccessiva, di una pressione assai forte sui selvatici ... sui pochi grammi d'un fanello.
Eravamo, per così dire, una rete a maglia fine gettata per catturare di tutto!
Non saremmo durati a lungo, grottescamente il nemico stesso ci ha salvato.
fine della prima parte.